Filosofo e teologo spagnolo. Dopo aver
studiato Diritto canonico a Salamanca ed essere entrato nel 1564 tra i
cosiddetti "fratelli laici" della Compagnia del Gesù,
insegnò Filosofia a Salamanca e Segovia (1570-74) e Teologia a
Valladolid, Segovia e Ávila (1574-80). Dopo un lungo soggiorno a Roma
(1580-85), fece ritorno in patria, insegnando ad Alcalá (1585-93),
Salamanca (1593-97) e Coimbra (1597-1617); tra il 1603 e il 1606 fu di nuovo a
Roma per difendersi dalla condanna pronunciata contro di lui dal Sant'Uffizio.
Il pensiero di
S. fu particolarmente fecondo in teologia, specialmente in
relazione ai problemi del rapporto tra grazia divina e libero arbitrio umano e
del significato dell'Incarnazione di Cristo. Per quel che concerne la prima
questione, egli distinse tra
grazia sufficiente (data da Dio a tutti gli
uomini e condizione necessaria ma non sufficiente per la salvezza) e
grazia
efficace (che deriva all'uomo quale conseguenza delle sue azioni),
suggerendo che la salvezza per l'uomo è possibile laddove vi sia
congruenza tra grazia efficace e libertà umana. Riguardo, invece,
alla questione dell'Incarnazione,
S. sostenne che essa si sarebbe
realizzata anche se Adamo non avesse peccato. Anche in ambito politico le
riflessioni di
S. sono di un qualche rilievo; partendo dall'idea che il
Governo ha origine nella comunità degli uomini (comunità cui
ciascuno ha dato il suo libero consenso), egli teorizzò l'esistenza di
precisi limiti per il potere, cosicché, se il sovrano diviene tiranno,
può essere deposto e messo a morte. Inoltre egli affermò la
necessità di una separazione tra le sfere di competenza di Stato e
Chiesa, pur riconoscendo a quest'ultima la superiorità in caso di
conflitti e, dunque, il possesso di una sorta di potere indiretto sullo Stato.
Di un qualche interesse anche la sua speculazione più propriamente
filosofica che, pur sviluppandosi nel solco tracciato dall'Aristotelismo
tomista, recupera temi scotiani e occamiani, quali, ad esempio, l'idea di una
priorità conoscitiva del particolare concreto rispetto all'universale o
l'atteggiamento critico rispetto agli argomenti a posteriori. Tra le sue
numerose opere, alcune delle quali postume, si ricordano:
De Verbo
incarnato (1590),
De mysteriis vitae Christi (1592);
De
sacramentis (1595);
Disputationes metaphysicae (1597);
Varia
opuscula theologica (1599);
De poenitentia (1602);
De censuris
(1603);
De Deo uno et trino (1606);
De virtute et statu
religionis (1608-09);
De legibus (1612);
Defensio fidei catholicae
et apostolicae adversus anglicanae sectae errores (1613);
De necessitate
gratiae (1619);
De gratiae habituali (1619);
De gratia actuali
(1651);
De vera intelligentia auxilii efficacis (1655) (Granada 1548 -
Lisbona 1617).